San Leucio fu un esperimento sociale, nell’età dei lumi, di assoluta avanguardia nel mondo.
Un modello di giustizia e di equità sociale raro nelle nazioni del XVIII secolo e non più ripetuto nemmeno nelle successive rivoluzioni francese e marxista.
Ma quando ebbe inizio questa vera e propria rivoluzione industriale e sociale?
Il grande progetto
Prima del ‘700 la collina di S. Leucio era di proprietà dei principi di Acquaviva, signori di Caserta (di cui rimane tuttora il grande portale d’accesso del 1600). Nel 1750 Carlo III di Borbone acquistò la proprietà di San Leucio per farne riserve di caccia e di residenze secondarie per lo svago della famiglia reale.
Nel 1778 Ferdinando IV, a seguito della formazione in Francia dei giovani del luogo per apprendere l’arte della tessitura, costruì la comunità del Real Colonia di San Leucio basata su uno statuto che stabiliva leggi e regole della comunità.
Il belvedere
Il restauro del Belvedere iniziò nel 1774 ad opera di Francesco Collecini. Si apportarono importanti modifiche architettoniche: la grande sala centrale divenne una chiesa, dedicata a San Ferdinando Re e l’intero palazzo venne trasformata completamente in ordine alle attività manifatturiere che si andavano avviando. Furono creati ambienti destinati alle differenti lavorazioni ma anche quelli utili alla vita delle comunità e all’apprendistato dell’arte tessile.
Al piano superiore del grande complesso c’era l’abitazione reale che comunicava con le stanze riservate ai telai e alle spalle del palazzo ridisegnarono i giardini su piani terrazzati.
Le abitazioni degli operai erano di forma irregolare lungo i lati dei cortili, e ospitavano trentasette unità familiari tutte dotate di acqua corrente e servizi igienici; inoltre, le abitazioni presentavano tutte le regole urbanistiche dell’epoca per far sì che durassero nel tempo (infatti ancora oggi sono abitate).
Nel decennio 1789/1799 l’esperimento leuciano, seguito meticolosamente dal re in tutti i suoi aspetti economici, sociali ed etici, era in pieno svolgimento.
Ferdinandopoli: l’utopia di una città ideale
L’entusiasmo di Ferdinando per il suo modello era tale che pensò di fondare nella pianura sottostante il belvedere una città industriale: Ferdinandopoli.
Il progetto prevedeva una pianta completamente circolare sugli schemi geometrici della “Città Ideale” secondo l’utopia del ‘700, con un sistema stradale radiale ed una piazza al centro per farne anche una sede reale.
Non vi riuscì; ma nei quartieri annessi al Belvedere mise in atto un codice di leggi sociali particolarmente avanzato, ispirato all’insegnamento di Gaetano Filangieri e trasformato in leggi da Bernardo Tanucci.
Ferdinando IV firmò nel 1789 un’opera esemplare che conteneva i princìpi sostanziali della nuova comunità di San Leucio. Il testo, in cinque capitoli e ventidue paragrafi, rispecchiava le aspirazioni del dispotismo illuminato dell’epoca ad interpretare gli ideali di uguaglianza sociale ed economica e poneva grande attenzione al ruolo della donna.
L’uomo e la donna godevano di una totale parità in un sistema che faceva perno esclusivamente sulla meritocrazia. Si abolì la proprietà privata, garantita l’assistenza agli anziani e agli infermi, ed si esaltò il valore della fratellanza. Le donne ricevevano una dote dal re per sposare un appartenente della colonia e, inoltre, era prevista per gli operai e i loro familiari la formazione gratuita. Il re istituì la prima scuola dell’obbligo d’Italia femminile e maschile che includeva discipline professionali. Ai lavoratori delle seterie veniva assegnata una casa all’interno della colonia, e le loro ore di lavoro erano 11 a differenza del resto d’Europa che erano 14.
Alle maestranze locali si aggiunsero subito anche artigiani francesi, genovesi, piemontesi e messinesi che si stabilirono a San Leucio richiamati dai molti benefici di cui usufruivano i lavoratori delle seterie.
Il progetto utopico del re Ferdinando finì con l’Unità d’Italia quando tutto venne inglobato nel demanio statale, ma tradizione e qualità nella produzione di tessuti serici sono rimaste ancora oggi.
Il museo della seta
Il “Museo della Seta” conserva alcuni macchinari originali ancora funzionanti per la lavorazione della seta con gli antichi telai restaurati ed attivi. Le macchine si azionavano tramite una ruota idraulica posta nei sotterranei del palazzo messa in moto da un ramo dell’acqua Carolina appositamente ivi condotta. All’epoca queste macchine rappresentano una vera e propria innovazione scientifica e tecnologica. I vari disegni erano riportati su schede perforate intercambiabili, simili a quelle della nostra generazione di computer.
Ancora oggi, i tessuti realizzati nelle fabbriche di San Leucio si possono trovare nelle più grandi residenze nobiliari europee e oltremanica.
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