Acquedotto Carolino

Acquedotto Carolino

L’Acquedotto Carolino è un’imponente opera di ingegneria idraulica costruita nel XVIII secolo per volere di re Carlo di Borbone. Progettato dall’architetto Luigi Vanvitelli, l’acquedotto si estende per circa 38 chilometri e fu realizzato per rifornire d’acqua la Reggia di Caserta e i giardini reali. L’opera è famosa per i suoi ponti ad arcate, in particolare il tratto monumentale delle “Tre Ponti” che attraversa la valle di Maddaloni. Patrimonio dell’UNESCO, rappresenta un capolavoro di architettura e ingegneria dell’epoca borbonica.

Il Finanziamento dell’Opera

Caserta – Acquedotto Carolino dalle sorgenti del Fizzo alla Reggia di Caserta in F. Patturelli, Caserta e San Leucio, Napoli 1826 Tav (Caserta e contorni)

Il progetto di Luigi Vanvitelli per la Reggia di Caserta prevedeva un imponente sistema idrico che adornasse i giardini con una grande cascata e numerose fontane. Tuttavia, uno dei problemi principali era trovare una fonte d’acqua adeguata e costruire un condotto per trasportarla fino alla sommità della collina di Briano, sopra il palazzo reale. L’idea fu di prelevare l’acqua dalle sorgenti situate nei territori di Airola, alle falde del Monte Taburno, replicando in parte il sistema dell’acquedotto del Carmignano, che già riforniva Napoli.

Per finanziare l’opera, il re Carlo di Borbone stanziò un primo contributo di 100.000 ducati. Le spese complessive del progetto della Reggia furono suddivise in sette capitoli, come riportato nel 1826 da Ludovico Bianchini. Il solo acquedotto carolino, così chiamato in onore di re Carlo, costò complessivamente 705.826 ducati.

La Costruzione dell’Acquedotto Carolino

Torrino di controllo, © Reggia di Caserta

Nel 1753, Carlo di Borbone acquistò dalla mensa arcivescovile di Benevento la sorgente del Fizzo, situata alle pendici del Monte Taburno vicino a Montesarchio. Le acque della sorgente, dopo aver alimentato due mulini, si riversavano nel fiume Faenza. Cinque anni dopo, il duca di Airola donò al re tutte le acque presenti nel suo territorio, che sfociavano anch’esse nel medesimo fiume. Queste risorse idriche furono convogliate verso la Reggia di Caserta attraverso l’acquedotto, che doveva superare un percorso complesso e lungo circa 38 km.

I lavori di costruzione dell’acquedotto iniziarono nel 1753 e furono suddivisi in tre tronchi: dal Fizzo al ponte di Durazzano, dal monte della Croce ai Ponti della Valle, e infine dai Ponti della Valle alla Reggia, passando sotto Casertavecchia. L’opera fu completata nel 1770 con una spesa totale di 622.424 ducati.

 

L’acqua veniva trasportata attraverso un condotto chiuso in muratura, partendo da una quota di 254 metri sul livello del mare. Il percorso era intervallato da 67 torrini di ispezione, costruiti con una pianta quadrata e una copertura piramidale tronca, che servivano per la manutenzione del condotto.

Le Sfide del Terreno e le Soluzioni Ingegneristiche

Acquedotto Carolino di Carl Ludwig Hackert, 1789

Tra il 1753 e il 1755, fu completato il primo tronco dell’acquedotto, superando diversi ostacoli naturali, come una palude e la valle del fiume Faenza. Per attraversare la valle, fu costruito un ponte a tre archi, noto come “Li Tre Ponti”, tra Moiano e Pastorano. In parallelo, Vanvitelli progettò il traforo della collina tufacea del Prato, scavata a mano per oltre 2 km, utilizzando scalpelli e picconi.

 

Il ponte della Valle, una delle opere più iconiche dell’acquedotto, venne costruito su tre ordini di arcate e misurava 529 metri di lunghezza e 95 metri di altezza. Questo ponte permetteva il passaggio dell’acqua sul punto più stretto della vallata tra il Monte Longano e il Monte Garzano.

 

L’Abdicazione di Carlo di Borbone e l’Inaugurazione dell’Acquedotto

Inaugurazione della cascata della Reggia di Caserta, Antonio Joli – 1768

 

Nel 1759, re Carlo di Borbone abdicò in favore del figlio Ferdinando IV, a seguito della morte di Ferdinando VI di Spagna. Nel 1762, l’acquedotto carolino fu finalmente completato e l’inaugurazione ufficiale avvenne il 7 maggio dello stesso anno, alla presenza del giovane re Ferdinando IV. Il suono fragoroso dell’acqua che iniziò a scorrere lungo il sistema fu così potente da coprire le voci dei presenti.

Un’Opera Imponente e Rivoluzionaria

Arcate e sezione ponti della Valle (Mathias Doring)

L’acquedotto carolino fu un’opera grandiosa, sia per la complessità del suo tracciato, sia per le limitate tecnologie dell’epoca. Vanvitelli dovette affrontare molte sfide tecniche, utilizzando strumenti rudimentali per le misurazioni, come livelle ottiche. L’acquedotto non solo fornì acqua alla Reggia e ai suoi giardini, ma anche a vari opifici e mulini che si svilupparono lungo il suo percorso, in particolare nella zona di Maddaloni, favorendo lo sviluppo industriale del Regno di Napoli. Tra il 1791 e il 1799, sotto la supervisione di Carlo Vanvitelli, figlio di Luigi, alcuni di questi impianti furono trasformati per la lavorazione dei metalli, dimostrando l’importanza dell’acqua come risorsa per l’economia del tempo.

 

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